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      Un distaccamento di Pretoriani, i quali tremavano per le loro mogli e figliuoli nel campo di Alba vicino a Roma, eseguì la sentenza del Senato. Massimino, abbandonato dalle proprie guardie, fu trucidato nella sua tenda col figlio (ch'egli aveva associato agli onori della porpora), col prefetto Anulino, e con i principali ministri della sua tirannide(560). La vista delle loro teste, portate sopra le lance, persuase i cittadini di Aquileia, che l'assedio era finito: aperte quindi le porte della città, furono largamente dispensate le provvisioni alle affamate truppe di Massimino, e tutto l'esercito si unì con solenni proteste di fedeltà al Senato ed al Popolo romano, ed a' suoi legittimi Imperatori, Massimo e Balbino. Questo fu il giusto fato di un selvaggio brutale, privo, come è stato generalmente dipinto, di ogni sentimento, che distingue da un Barbaro un uomo incivilito, e perfino un uomo da un bruto. Il suo corpo era conforme all'animo. La statura di Massimino passava la misura di otto piedi, e si raccontano esempj quasi incredibili della sua impareggiabile forza e voracità(561). Se fosse vissuto in un secolo meno illuminato, la tradizione e la poesia l'avrebbero potuto rappresentare come uno di quei mostruosi giganti, che fecero sempre uso della forza loro soprannaturale per distruggere il genere umano.
      È più facile concepire che descrivere la gioia universale del romano Impero alla caduta del tiranno, le nuove della quale si dice essere state portate in quattro giorni da Aquileia a Roma.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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