CAPITOLO VIII.
Stato della Persia dopo il ristabilimento della Monarchia per opera di Artaserse.
Qualunque volta Tacito si compiace in quei belli episodj, nei quali rapporta qualche domestico interesse dei Germani o dei Parti, il suo oggetto principale č di sollevare l'attenzione del lettore da una scena uniforme di vizj e di sciagure. Dal regno di Augusto al tempo di Alessandro Severo, i nemici di Roma erano nel suo seno, i tiranni cioč ed i soldati, e la prosperitą della medesima aveva un interesse ben debole e remoto in rivoluzioni, che accadessero al di lą dell'Eufrate e del Reno. Ma quando le milizie ebbero ridotto in una strana anarchia il potere del Principe, le leggi del Senato, e la disciplina istessa del campo, i Barbari del Settentrione e dell'Oriente, che fin allora avevano fatte scorrerie su i confini, assalirono arditamente le province di un Impero cadente. Le loro inquiete incursioni divennero irruzioni formidabili, e dopo una lunga vicenda di scambievoli calamitą, molte tribł di quei vittoriosi invasori si stabilirono nelle province dell'Imperio romano. Per avere una pił chiara notizia di questi grandi avvenimenti, procureremo di dar prima una idea del carattere, delle forze, e dei disegni di quelle nazioni, che vendicarono il fato di Annibale e di Mitridate.
Nei pił antichi secoli del mondo, quando le selve che copriano l'Europa servivano di ritiro a pochi vagabondi selvaggi, gli abitatori dell'Asia erano gią raccolti in cittą popolate, e ridotti sotto vasti Imperi, sedi delle arti, del lusso, e del dispotismo.
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