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      [A. D. 165]Sotto il regno di Marco Aurelio, i Generali romani penetrarono sino a Ctesifonte e Seleucia. Furono essi ricevuti come amici da quella greca colonia, ma attaccarono come nemici la sede dei Parti; l'una e l'altra cittą ricevč il medesimo trattamento. Il saccheggio e l'incendio di Seleucia, con la strage di trecentomila abitanti, oscurarono la gloria del trionfo romano(627).
      [198]Seleucia, gią indebolita per la vicinanza di un rivale troppo potente dovč succumbere senza riparo al colpo fatale; ma Ctesifonte, quasi dopo trentatre anni, avea ricuperate forze bastanti per sostenere un ostinato assedio contro l'Imperatore Severo. La cittą per altro fu presa d'assalto; il Re che la difendeva in persona si diede precipitosamente alla fuga; e centomila prigioni con un ricco bottino ricompensarono le fatiche dei soldati romani(628). Nonostante questi disastri Ctesifonte succede a Babilonia ed a Seleucia, come una delle grandi Capitali dell'Oriente. Nell'estate il Monarca persiano godeva a Ecbatana il fresco vento dei monti della Media; e passava l'inverno nel pił dolce clima di Ctesifonte.
      Da queste felici incursioni per altro non ricavarono i Romani alcun reale o durevole vantaggio; nč tentarono di conservare quelle remote conquiste, che un immenso deserto separava dalle province dell'Impero. La riduzione del regno di Osroene fu una conquista meno gloriosa, č vero, ma di pił solido vantaggio. Quel piccolo Stato comprendeva la parte settentrionale e pił fertile della Mesopotamia, tra l'Eufrate ed il Tigri, Edessa, sua capitale, era in distanza di quasi venti miglia di lą dall'Eufrate; ed il suo popolo, fino dal tempo di Alessandro, era un mescuglio di Greci, di Arabi, di Siri, e di Armeni(629). I deboli Sovrani di Osroene posti fra i pericolosi confini dei due Imperi rivali, erano per inclinazione parziali dei Parti; ma la potenza superiore di Roma esigeva da loro un forzato omaggio, che viene tuttora attestato dalle loro medaglie.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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