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      Per meglio comprendere una verità sì importante, procuriamo di calcolare, in una società incivilita, l'immensa distanza, che passa tra l'uomo scienziato, ed il contadino ignorante. Il primo, con la lettura e con la riflessione, moltiplica la sua propria esperienza, e vive in secoli ed in paesi remoti; mentre il secondo, attaccato ad un sol pezzo di terra, è confinato a pochi anni di esistenza, e supera, ma molto poco, nell'esercizio delle facoltà della mente, il bove compagno di sue fatiche. Si troverà la medesima differenza, e forse ancora più grande, fra le nazioni che fra gl'individui; e si può con sicurezza asserire, che senza qualche genere di scrittura niun popolo ha mai conservato i fedeli annali della sua storia, nè fatti progressi considerabili nelle scienze astratte, nè mai posseduto in un grado tollerabile di perfezione le arti utili, o dilettevoli per la vita.
      Di queste arti erano miseramente privi gli antichi Germani. Passavano la vita nello stato d'ignoranza e di povertà, che alcuni declamatori si sono compiaciuti di decorare col nome di virtuosa semplicità. La moderna Germania si dice contenere quasi duemila trecento città cinte di mura(660). In una più vasta estensione di paese, il geografo Tolomeo non potè discoprire più di novanta luoghi, ch'ei decorò col nome di città(661); quantunque (secondo le nostre idee) mal meritassero quello splendido titolo. Si può soltanto supporre che fossero informi fortezze, costruite nel centro dei boschi, e destinate a porre in sicuro le donne, i ragazzi, ed il bestiame, nel tempo che i guerrieri delle tribù uscivano fuori a respingere un'improvvisa invasione(662). Ma Tacito asserisce, come fatto ben noto, che i Germani dell'età sua non aveano città(663); ed affettavano di sprezzare le opere dell'industria romana, come luoghi piuttosto di prigionia che di sicurezza(664). Le loro case non erano nè contigue, nè distribuite in regolari villaggi(665); ogni Barbaro fissava la sua indipendente abitazione nel sito, al quale una pianura, un bosco, o una sorgente di acqua dolce lo aveva indotto a dare la preferenza.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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