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      Fortunato Valeriano
      (disse il Principe a quel suddito illustre) "fortunato per la generale approvazione del Senato e della romana Repubblica: ricevi la Censura del Genere Umano, e giudica i nostri costumi. Tu eleggerai quelli che meritano di conservare il nome di Senatori; tu renderai all'ordine equestre il suo primo splendore; tu aumenterai le pubbliche entrate, ma prima modererai i pubblici pesi. Tu dividerai in classi regolari la varia ed infinita moltitudine dei cittadini, ed esaminerai diligentemente tutto quel che appartiene alla forza militare, alle ricchezze, alle virtù, ed alla potenza di Roma. L'esercito, la Corte, i ministri della giustizia, e le cariche più grandi dell'Impero sono tutte soggette al tuo Tribunale, da cui saranno esenti soltanto i Consoli ordinarj(769), il Prefetto della Città, il Re dei sacrifizj, e la maggiore delle Vestali, finchè illibata conserva la sua castità: e questi pochi, benchè non possano temere la severità del romano Censore, ne cercheranno ansiosamente la stima(770)."
      Un Magistrato, rivestito di un poter così esteso, sarebbe paruto più collega che ministro del suo Sovrano(771). Valeriano temè giustamente un'elevazione così esposta all'invidia ed ai sospetti. Egli modestamente esagerò la spaventosa grandezza di un tanto peso, la sua propria insufficienza, e l'incurabile corruttela dei tempi. Insinuò accortamente che la carica di Censore era inseparabile dalla dignità imperiale, e che la destra di un suddito era troppo debole per sostenere un così immenso peso di cure e di potere(772). L'imminente esito della guerra pose fine al proseguimento di un sì specioso, ma impraticabil progetto; e preservando Valeriano dal pericolo, salvò l'Imperator Decio dagli sconcerti, che probabilmente ne sarebbero derivati.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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