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      Coi doni, colle armi, e con una debole fortificazione fatta a traverso dell'Istmo, essi effettivamente difendeano contro gli erranti devastatori della Sarmazia l'accesso di un paese, che per la sua particolar situazione, e per gli adattati suoi porti comandava al mare Eusino ed all'Asia minore(832). Finchè ne resse lo scettro una continuata linea di Regi, essi sostennero con vigilanza e buon successo l'importante lor peso. Le domestiche fazioni ed i timori, o il privato interesse di oscuri usurpatori, che s'impadronirono del trono vacante, ammisero i Goti nel centro del Bosforo. Coll'acquisto di una superflua estensione di fertile terreno, ottennero i vincitori il comando di una forza navale, bastante a trasportare i loro eserciti sulla costa dell'Asia(833). I vascelli che usavansi nella navigazione dell'Eusino, erano di una costruzione molto singolare. Erano leggiere barche col fondo piano, fatte solamente di legno senza alcuna mescolanza di ferro, e ad ogni apparenza di tempesta coprivansi con un tetto inclinato(834). In queste galleggianti case, i Goti sconsideratamente si affidarono alla discrezione di un mare sconosciuto, sotto la scorta di marinari forzati al servizio, la cui perizia e fedeltà erano egualmente sospette. Ma la speranza di saccheggiare aveva bandita ogni idea di pericolo, ed una naturale intrepidezza di carattere equivaleva nel loro animo a quella ragionevol confidanza, che è il giusto frutto del sapere e della esperienza. Guerrieri di animo così audace debbono ben e spesso aver mormorato contro la codardia delle loro guide, che richiedevano le più forti sicurezze di una stabile calma, prima di arrischiarsi all'imbarco, e che si sarebbero con pena lasciate indurre a perder di vista la terra.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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