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      Era Demostene comandante della piazza, non tanto per commissione dell'Imperatore, quanto per la volontaria difesa della sua patria. Egli allontanò per molto tempo il fato della medesima, e quando finalmente Cesarea fu tradita dalla perfidia di un medico, egli si aprì col ferro la strada a traverso i Persiani, che aveano ordine di usare le maggiori diligenze per prenderlo vivo. Questo eroico comandante fuggì il potere di un nemico, che avrebbe onorato o punito il suo ostinato valore; ma molte migliaia de' suoi concittadini perirono involte in una generale strage, e Sapore viene accusato di avere trattati i suoi prigionieri con una capricciosa ed insaziabile crudeltà(876). Molto dovrebbe certamente accordarsi all'animosità nazionale, molto alla superbia umiliata, ed alla impotente vendetta; ma è certo soprattutto che lo stesso Principe, che aveva nell'Armenia spiegato il dolce carattere di legislatore, si mostrò ai Romani sotto il feroce aspetto di conquistatore. Disperando egli di fare alcuno stabilimento permanente nell'Impero, procurò solamente di lasciar dietro a se una devastata solitudine, mentre trasportava nella Persia il popolo e le ricchezze delle province(877).
      Nel tempo che l'Oriente tremava al nome di Sapore, questi ricevè un dono non indegno dei Re più grandi, un lungo seguito di cammelli, carichi delle più rare e preziose mercanzie. La ricca offerta era accompagnata da una rispettosa, ma non servil lettera di Odenato, uno dei più nobili ed opulenti Senatori di Palmira.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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