Chi è questo Odenato
(disse il superbo vincitore, e comandò che fossero i doni gettati nell'Eufrate) "che così insolentemente ardisce di scrivere al suo Signore? S'egli spera addolcire il suo castigo, cada con le mani legate dietro le spalle prostrato a' piedi del nostro trono. S'egli indugia un momento, la distruzione si spargerà prontamente sulla sua testa, sull'intera sua stirpe e sulla sua patria"(878). La disperata estremità, alla quale fu il Palmireno ridotto, mise in azione tutte le ascose potenze del suo spirito. Andò egli incontro a Sapore, ma con le armi, in mano. Comunicando il suo coraggio ad un piccolo esercito, raccolto dai villaggi della Siria(879), e dalle tende del deserto(880), si aggirò intorno all'oste persiana, l'affaticò nella ritirata, portò via parte del tesoro, e ciò ch'era più caro di ogni tesoro, molte donne del gran Re, il quale alla fine fu obbligato di ripassare l'Eufrate con qualche segno di fretta e di confusione(881). Con questa impresa Odenato gettò i fondamenti della sua futura gloria e grandezza. La maestà di Roma, oppressa da un Persiano, fu sostenuta da un Soriano od Arabo di Palmira.
La voce della Storia, che spesso altro non è che l'organo dell'odio o dell'adulazione, rimprovera a Sapore un altiero abuso dei diritti della vittoria. Dicesi che Valeriano, incatenato ma rivestito della porpora imperiale, venne esposto alla moltitudine per un costante spettacolo di caduta grandezza, e che qualora il persiano Monarca montava a cavallo, posava il piede sul collo dell'Imperatore romano.
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