Malgrado tutte le rimostranze de' suoi alleati, che reiteratamente l'avvertivano di rammentarsi le vicende della fortuna, di temere la risorgente potenza di Roma, o di servirsi dell'illustre suo prigioniero per pegno della pace e non per oggetto d'insulto, Sapore sempre rimase inflessibile. Dopo che Valeriano succumbè sotto il peso della vergogna e del dolore, la sua pelle impagliata a somiglianza di corpo umano fu conservata per varj secoli nel più illustre tempio della Persia; monumento più reale di trionfo, che gl'immaginarj trofei di bronzo e di marmo sì spesso eretti dalla vanità dei Romani(882). Il racconto è morale e patetico, ma ne può essere facilmente messa in dubbio la verità. Le lettere, tuttora esistenti, dei Principi dell'Oriente a Sapore, sono manifeste imposture(883); e non è naturale il supporre, che un geloso Monarca volesse (anche nella persona di un rivale) avvilire così pubblicamente la Maestà Reale. Qualunque trattamento però si fosse provato dall'infelice Valeriano nella Persia, è certo almeno che l'unico romano Imperatore, che mai cadesse nelle mani dei nemici, languì per tutta la sua vita in una prigionia senza speranza.
L'Imperatore Gallieno, che aveva lungamente sopportata con impazienza la censoria severità del suo padre e collega, ricevè la nuova delle sciagure di lui con segreto piacere e manifesta indifferenza. "Io ben sapeva," egli disse "che mio padre era mortale, e giacchè si è mostrato uomo coraggioso, io son soddisfatto." Mentre Roma deplorava il fato del suo Sovrano, la barbara freddezza del figliuolo di lui fu dai servili cortigiani celebrata come perfetta costanza di un eroe e di uno stoico(884). È difficile il dipingere il leggiero, vario, ed incostante carattere di Gallieno, ch'esso spiegò senza ritegno, appena divenuto unico possessore dell'Impero.
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