Dion. l. LXXI.
(73) Tacito, Annal. IV, 5. Coloro i quali parlano di un certo numero di pedoni, e del doppio di cavalli, confondono gli ausiliari degl'Imperatori con gl'Italiani alleati della Repubblica.
(74) Nell'originale "educacazione". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]
(75) Vegezio, II 2. Arriano, nella sua descrizione della marcia, e della battaglia contro gli Alani.
(76) Il Cav. Folard (nel suo Commentario sopra Polibio, tom. II p. 233 290) ha trattato delle macchine antiche con molta erudizione e sagacitą; le preferisce perfino in molti conti ai cannoni ed ai mortari che noi usiamo. Conviene osservare che appresso i Romani l'uso delle macchine divenne pił comune a misura che il valor personale e l'abilitą militare sparvero nell'Impero. Quando non fu pił possibile trovar uomini, convenne supplire a questa mancanza con macchine di specie diversa. Ved. Vegezio, II 25 ed Arriano.
(77) "Universa quae in quoque belli genere necessaria esse creduntur, secum legio debet ubique portare, ut in quovis loco fixerit castra, armatam faciat civitatem". Con queste enfatiche parole termina Vegezio il suo secondo libro, e la descrizione della legione.
(78) Per la Castrametazione dei Romani ved. Polibio l. VI con Giusto Lipsio, De militia romana; Giuseppe De bello Judaico l. III c. 5 Vegezio 1, 21, 25, III 9 e le Memorie di Guichard tom. I c. 1.
(79) Cicerone Tuscul. II 17 Giuseppe De bello Judaico l. III 5, Frontino IV 1.
(80) Vegezio I 9. Ved. le Memorie dell'Accademia delle iscrizioni, tom.
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