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      Quando prese Aureliano il suo posto, il suo nobile portamento e la sua maestosa figura30 insegnarono ai Barbari a venerare la persona non meno che la porpora del lor vincitore. Caddero in silenzio gli ambasciatori al suolo prostesi. Fu ad essi ordinato di alzarsi e permesso di favellare. Coll'assistenza degl'interpreti31 estenuarono eglino la loro perfidia, ma giustificarono le loro imprese, si estesero sulle vicende della fortuna e su i vantaggi della pace, e con inopportuna confidenza richiesero un abbondante sussidio, quasi prezzo dell'alleanza, ch'essi offrivano ai Romani.
      Fu la risposta dell'Imperatore aspra ed imperiosa. Trattò la loro offerta con disprezzo, e con indignazione la loro richiesta; rimproverò ai Barbari la loro ignoranza nelle arti della guerra e nelle leggi della pace, e finalmente li licenziò colla sola scelta di rendersi a discrezione, o di aspettare la maggior severità dal suo risentimento32. Aveva Aureliano restituita ai Goti una remota provincia; ma era pericoloso il fidarsi o il perdonare a que' perfidi Barbari, la cui formidabil potenza teneva l'Italia stessa in continui timori.
      Pare che immediatamente dopo questo congresso, qualche improvviso evento richiedesse la presenza dell'Imperatore nella Pannonia. Lasciò egli a' suoi Generali la cura di compiere la distruzione degli Alemanni o col ferro, o col più sicuro mezzo della fame. Ma l'attiva disperazione ha spesso trionfato dell'indolente confidenza nella fortuna. Vedendo i Barbari ch'era impossibile traversare il Danubio ed il campo Romano, ruppero i posti della retroguardia, ch'erano, o più debolmente, o meno diligentemente difesi, e con incredibil prestezza, ma per diverso cammino, ritornarono verso i monti dell'Italia33. Aureliano, che riguardava la guerra come affatto finita, ricevè la mortificante notizia della fuga degli Alemanni e della devastazione da essi fatta nel territorio di Milano.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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