Si racconta che la liberazione della Gallia costasse la vita a quattrocentomila degl'invasori; impresa faticosa per li Romani, e dispendiosa per l'Imperatore, che donò una moneta d'oro per ogni Barbaro ucciso135. Ma siccome la fama de' guerrieri si fabbrica sopra la distruzione dell'uman genere, si può naturalmente sospettare che quel sì sanguinoso calcolo fosse moltiplicato dall'avarizia dei soldati, ed accettato senza alcun severo esame dalla liberale vanità di Probo.
Dopo la spedizione di Massimino, i Generali Romani aveano limitata la loro ambizione ad una guerra difensiva contro le nazioni della Germania, che perpetuamente tribolavano le frontiere dell'Impero. Il più ardito Probo proseguì le sue vittorie, passò il Reno, e portò le sue invincibili aquile sulle rive dell'Elba e del Necker. Era egli pienamente convinto, che niente poteva indurre l'animo dei Barbari alla pace, se non provavano nel proprio lor paese le calamità della guerra. La Germania spossata dal cattivo successo dell'ultima emigrazione, rimase sbigottita alla presenza di Probo. Nove de' più considerabili Principi si portarono al di lui campo, e se gli gettarono ai piedi. Accettarono umilmente i Germani le condizioni che piacque di dettare al vincitore. Volle egli una esatta restituzione delle spoglie e dei prigionieri levati alle Province; ed obbligò i loro magistrati a punire i predatori più ostinati, che pretendevano di ritenere qualche parte del bottino. Un considerabil tributo di grano, di armenti e di cavalli, sole ricchezze dei Barbari, fu riservato per l'uso delle guarnigioni, che Probo stabilì sulle frontiere del lor territorio.
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