Egli usò della vittoria con la solita sua moderazione, e risparmiò i beni non men che le vite delle innocenti loro famiglie151.
[A.D. 281]Aveano ormai le armi di Probo oppressi tutti gli stranieri e domestici nemici dello Stato. Il suo dolce, ma fermo governo assicurava il ristabilimento della pubblica tranquillità; nè vi era rimasto nelle province un barbaro nemico, un tiranno o un masnadiere pur anco, che risvegliasse la memoria dei passati disordini. Tempo era che l'Imperatore rivedesse Roma, e celebrasse la propria sua gloria e l'universale felicità. Il trionfo, dovuto al valore di Probo, fu regolato con una magnificenza conveniente alla sua fortuna, ed il popolo, che avea sì di recente ammirati i trofei di Aureliano, rimase con eguale piacere attonito alla vista di quelli dell'Eroe successore152. Non possiamo in questa occasione tralasciare di riferire il coraggio di circa ottanta gladiatori, riservati con quasi seicento altri per l'inumano spettacolo dell'anfiteatro. Sdegnando essi di spargere il sangue per dilettare la moltitudine, uccisero i loro custodi, ruppero la loro prigione, ed empirono le contrade di Roma di sangue e di confusione. Dopo una ostinata resistenza furono superati, e tagliati a pezzi dalle truppe regolari; ma ottennero almeno una morte onorevole, e la soddisfazione di una giusta vendetta153.
La militar disciplina, che regnava nei campi di Probo, era meno crudele di quella di Aureliano, ma non men rigida ed esatta. Il secondo puniva le irregolarità dei soldati con inflessibile severità; il primo le preveniva, occupando le legioni in continue ed utili fatiche.
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