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      Ogni scrittore, secondo la sua religione e la sua situazione, prende o Diocleziano, o Costantino, o Valente o Teodosio per l'oggetto delle sue invettive: ma si accordano tutti unanimemente a rappresentare il peso delle pubbliche imposizioni e particolarmente la tassa prediale e l'imposizion sulle teste, come l'intollerabile e sempre crescente gravame dei loro tempi. Da tale uniformità di lagnanze uno Storico imparziale, ch'è obbligato di ricavare la verità dalla satira non meno che dal panegirico, sarà disposto a dividere il biasimo tra i Principi, che ne sono accusati, ed attribuire le loro esazioni assai meno ai loro vizi personali, che all'uniforme sistema del loro governo. L'Imperator Diocleziano fu veramente l'autore di questo sistema, ma durante il suo regno il male crescente fu ristretto entro i confini della modestia e della discrezione; ed egli piuttosto che il rimprovero di avere esercitata l'oppressione, merita quello di averne stabiliti i perniciosi principj. Si può aggiungere che erano le sue entrate amministrate con prudente economia; e che dopo esser tutte le spese correnti pagate, vi rimaneva tuttavia nel tesoro Imperiale un'ampia provvisione o per la giudiziosa liberalità o per qualche emergenza dello Stato.
      Nell'anno ventunesimo del suo regno, Diocleziano effettuò la sua memorabile risoluzione di rinunziare all'Impero; azione che più naturalmente poteva aspettarsi dal più vecchio, o dal più giovane degli Antonini, che da un Principe, il quale non avea mai praticate le lezioni della filosofia o nell'acquisto o nell'esercizio del supremo potere.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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