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      Anche dopo la totale estinzione dello spirito di libertà, hanno talvolta i sudditi più avviliti osato di resistere ad una inaspettata invasione del lor patrimonio; ma in questa occasione fu l'ingiuria aggravata dall'insulto, ed il sentimento del privato interesse fu ravvivato da quello dell'onor nazionale. La conquista della Macedonia (come già abbiamo osservato) aveva liberato i Romani dal peso delle tasse personali. Benchè avessero provato ogni forma di dispotismo, avevano ornai goduto di quella esenzione per quasi 500 anni; nè potevano essi pazientemente soffrire l'insolenza di un Illirico contadino che dalla sua lontana residenza nell'Asia, pretendeva di annoverar Roma tra le tributarie città del suo Impero. Il nascente furor del popolo fu incoraggiato dall'autorità, o almeno dalla connivenza del Senato, e i deboli avanzi dei Pretoriani, che aveano ragione di temere la propria abolizione, abbracciarono un sì onorevole pretesto, e si dichiararono pronti a trar fuori le spade in servizio dell'oppressa lor patria. Era desiderio, e presto divenne speranza d'ogni cittadino, che dopo avere scacciato dall'Italia i loro stranieri tiranni, si eleggesse un principe, il quale, e pel luogo della sua residenza e per le sue massime di governo, meritasse un'altra volta il titolo d'Imperatore di Roma. Il nome non meno che la situazione di Massenzio determinarono in suo favore il popolare entusiasmo.
      [A.D. 306]Massenzio era figliuolo dell'Imperatore Massimiano, ad avea sposata la figliuola di Galerio.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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