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      Al primo avviso della perfidia e dell'ingratitudine di lui, ritornò quel Principe con rapida marcia dal Reno alle rive della Saona, s'imbarcò su questo ultimo fiume a Chalons; ed a Lione affidandosi alla rapidità del Rodano, arrivò alle porte di Arles con una forza militare, a cui era impossibile per Massimiano il resistere, e che appena gli permise di ripararsi nella vicina città di Marsiglia. L'angusta lingua di terra, che univa quella piazza al continente, era fortificata contro gli assedianti, mentre il mare era aperto o alla fuga di Massimiano, o ai soccorsi di Massenzio, se voleva quest'ultimo coprire una sua invasione nella Gallia col decoroso pretesto di difendere un angustiato, o come avrebbe potuto allegare, un offeso genitore. Temendo le funeste conseguenze di un indugio, Costantino dette ordini per un immediato assalto, ma si trovarono le scale troppo corte per l'altezza delle mura, e Marsiglia avrebbe potuto sostenere un lungo assedio, come anticamente fece contro le armi di Cesare, se la guarnigione, conoscendo il suo fallo o il suo pericolo, non avesse comprato il perdono colla consegna della città e della persona di Massimiano. Fu contro l'usurpatore pronunziata una secreta ma irrevocabil sentenza di morte; egli ottenne solamente lo stesso favore, che fu accordato a Severo, e fu sparsa la voce, che oppresso dal rimorso dei suoi replicati delitti, si era strangolato colle proprie sue mani. Dopo ch'egli ebbe perduta l'assistenza, e disprezzati i moderati consigli di Diocleziano, il secondo periodo dell'attiva sua vita fu una serie di pubbliche calamità e di personali mortificazioni, che terminarono quasi in tre anni con una morte ignominiosa.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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