Massenzio avea tuttora molti considerabili compensi tanto in uomini che in danaro. Le guardie Pretoriane sentivan bene quanto era fortemente connessa la causa di lui col loro interesse e colla lor sicurezza; e fu presto raccolto un terzo esercito più numeroso di quelli, ch'erano stati vinti nelle battaglie di Torino e di Verona. L'Imperatore era ben lontano dal pensar di condurre in persona le proprie truppe: non esercitato nell'arte della guerra, tremava per l'apprensione di un azzuffamento tanto pericoloso; e come il timore trae comunemente alla superstizione, con malinconica attenzione prestava orecchio ai rumori degli augurj e dei presagi, che sembravano minacciare la sua vita e il suo Impero. La vergogna supplì finalmente al coraggio, e lo forzò a scendere in campo, non potendo soffrire il disprezzo del popolo Romano. Faceva questo nel Circo risuonare con isdegno i suoi clamori, e tumultuariamente assediava le porte del palazzo, rimproverando la pusillanimità del suo indolente Sovrano, e celebrando lo spirito eroico di Costantino394. Prima di partir di Roma, consultò Massenzio i libri Sibillini. I custodi di questi antichi oracoli, quanto erano ignoranti de' segreti del fato, altrettanto eran bene informati negli artifizi del mondo; e gli diedero una risposta molto prudente, che poteva acconciarsi a qualunque evento, ed assicurar la loro riputazione, comunque avesse deciso la sorte delle armi395.
[A. D. 312]Sì è paragonata la celerità della marcia di Costantino a quella della conquista, che fece dell'Italia il primo de' Cesari; nè per quanto sia lusinghevole tal paralello, ripugna alla verità dell'Istoria, mentre non passarono più di cinquant'otto giorni dalla resa di Verona alla final decisione della guerra.
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