Costantino avea sempre sospettato, che il tiranno avrebbe eseguito ciò che gl'inspirava il timore, e forse anche la prudenza, e che invece di arrischiar le ultime sue speranze in un general combattimento si sarebbe piuttosto rinchiuso dentro le mura di Roma. I gran magazzini lo assicuravano dal pericolo della fame; e siccome la situazione di Costantino non soffriva dilazione alcuna, egli avrebbe potuto esser ridotto alla dura necessità di distruggere col ferro e col fuoco la città Imperiale, che doveva essere il premio più nobile della sua vittoria, e la cui liberazione era stato il motivo, o piuttosto realmente il pretesto della guerra civile396. Con sorpresa pertanto non meno che con piacere, arrivato che fu ad un luogo detto Saxa Rubra circa nove miglia distante da Roma397, scoprì l'armata di Massenzio pronta a dargli la battaglia398. La lunga fronte della medesima occupava una pianura molto spaziosa, e la profondità arrivava fino alle rive del Tevere, che ne copriva la retroguardia, ed impediva la ritirata. Si narra, e vi è tutto il motivo di crederlo, che Costantino disponesse le sue truppe con somma perizia, e scegliesse per se il posto più pericoloso ed onorevole. Distinto per lo splendore delle sue armi, attaccò in persona la cavalleria del suo rivale: e l'urto irresistibile, ch'ei le diede, determinò la fortuna della giornata. La cavalleria di Massenzio era principalmente composta di corazze di grave armatura, o di leggieri Mori e Numidi. Essi cederono al vigore della cavalleria Gallicana, che aveva maggiore attività de' primi, e più fermezza degli altri.
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