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      La disfatta delle due ali lasciò scoperti i fianchi dell'infanteria, e gl'indisciplinati Italiani fuggirono senza ritegno dalle bandiere di un tiranno, ch'essi avevano sempre odiato, e che più non temevano. I Pretoriani, sapendo che per le loro mancanze non potevano sperar perdono, erano animati dalla vendetta e dalla disperazione. Non ostanti i replicati loro sforzi non furon capaci que' bravi veterani di acquistar la vittoria: ottennero per altro una morte onorevole; e fu osservato, che i loro corpi coprivano il terreno medesimo, ch'era già stato occupato dalle lor file399. Divenne allora generale la confusione, e le truppe di Massenzio, disordinate ed inseguite da un implacabil nemico, traboccarono a migliaia ne' profondi e rapidi gorghi del Tevere. L'Imperatore stesso tentò di rientrare fuggendo nella città per mezzo del ponte Milvio; ma la folla che si trovò insieme a quello stretto passo, lo fece balzare nel fiume, dov'egli fu immediatamente sommerso dal peso delle sue armi400. Il corpo di lui, essendosi affondato molto nel fango, fu ritrovato con qualche difficoltà il giorno seguente. Restò il popolo convinto della propria liberazione quando vide il capo di lui esposto avanti a' propri occhi; e allora fu, che non dubitò di ricevere con acclamazioni di fedeltà e di gratitudine il fortunato Costantino, che in tal modo condusse a termine col suo valore e colla sua abilità la più splendida impresa della sua vita401. Nel far uso della vittoria non meritò Costantino la lode di clemente, nè incorse le censura di smoderato rigore402. Tenne verso il tiranno quel medesimo contegno, che poteva aspettarsi nella propria persona e famiglia, se fosse stato ei medesimo disfatto: fece morire i due figli di Massenzio, ed ebbe tutta la cura d'intieramente estirparne la razza.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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