L'indole de' Giudei non era capace di contentarsi di quel freddo e languido assenso, che avrebbe potuto soddisfar la mente d'un politeista; e subito che ammisero l'idea d'uno stato futuro, l'abbracciarono con quello zelo, che ha sempre formato il carattere della nazione. Questo però niente aggiungeva all'evidenza, o anche alla probabilità della vita immortale, ed era tuttavia necessario, che tal dottrina, dettata dalla natura, approvata dalla ragione, e dalla superstizione ricevuta, ottenesse la sanzione di verità divina dall'autorità e dall'esempio di Cristo.
Quando si propose agli uomini la promessa di una eterna felicità a condizione di adottar la fede e di osservare i precetti dell'Evangelio, non è maraviglia che venisse accettata un'offerta sì vantaggiosa da un gran numero di persone di ogni religione, di ogni condizione, e di ogni provincia nell'Impero Romano. I primi Cristiani erano animati da tal disprezzo per la loro esistenza attuale, e da tal giusta fiducia dell'immortalità, che la dubbiosa ed imperfetta fede de' moderni tempi non ce ne può dare alcun adeguata nozione. L'influsso della verità nella primitiva Chiesa veniva molto efficacemente avvalorato da un'opinione, che per quanto possa meritar rispetto a motivo della sua antichità e utilità, non si è trovata conforme all'esperienza. Si credeva universalmente che fosse vicina la fine del mondo ed il regno del Cielo. L'approssimazione di questo mirabil evento era stata predetta dagli Apostoli; se n'era conservata la tradizione da' loro più antichi discepoli; e quelli, che intendevano i discorsi di Cristo medesimo nel puro senso letterale, eran costretti ad aspettar la seconda gloriosa venuta del Figliuol dell'uomo nelle nuvole, prima che fosse totalmente estinta quella generazione, che aveva veduto l'umile condizione di lui sopra la terra, e che potè anche veder la calamità de' Giudei sotto Vespasiano o Adriano.
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