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      Ma l'ordine degli atti pubblici richiedeva una distinzione più regolare e meno invidiosa; fu conferito l'uffizio di presedere in perpetuo ai Concilj di ogni Provincia a' Vescovi della città principale, e questi ambiziosi Prelati, che tosto acquistarono i titoli eminenti di Metropolitani e di Primati, si preparavan segretamente ad usurpare sopra i loro episcopali fratelli quell'autorità istessa, che i Vescovi avevano ultimamente assunta sopra il collegio de' Prelati561. Nè passò molto tempo, che s'introdusse una emulazione di preeminenza, e di potere fra' Metropolitani medesimi, affettando ciascheduno di essi di mostrare ne' termini più fastosi gli onori e i vantaggi temporali della Città, a cui presedeva, il numero e l'opulenza de' Cristiani sottoposti alla pastorale sua cura, i Santi ed i Martiri, ch'erano sorti fra loro, e la purità con cui mantenevasi la tradizione della fede, qual era stata trasmessa per una serie di Vescovi ortodossi dagli Apostoli, o da' lor Discepoli, a' quali attribuivasi la fondazione di quella Chiesa562. Per ogni motivo, sì Ecclesiastico che civile, era facile a prevedersi che Roma avrebbe goduto il rispetto, ed in breve pretesa l'obbedienza delle Province. Ivi la società dei Fedeli era in una giusta proporzione colla Capitale dell'Impero; la Chiesa Romana era il più grande, il più numeroso, e nell'Occidente il più antico di tutti gli stabilimenti Cristiani, molti de' quali avevano ricevuta la religione dalle pie fatiche de' Missionari della medesima.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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