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      Ciascheduno di loro riempì di gloria la respettiva sua condizione, sì nella vita contemplativa che nell'operativa; migliorarono essi collo studio il lor sublime intelletto, purgarono colla filosofia le loro menti da' pregiudizi della superstizion popolare; e passarono i loro giorni nella ricerca della verità e nella pratica della virtù. Eppure tutti questi saggi (è questo un oggetto di sorpresa non meno che di dolore) perderono di vista, o rigettarono la perfezione del sistema Cristiano. Il loro linguaggio od il loro silenzio discuopre ugualmente il disprezzo che avevano per la crescente setta, che ne' loro tempi erasi diffusa per l'Impero Romano. Quelli fra loro, che hanno la condiscendenza di rammentare i Cristiani, li consideran solo come ostinati e perversi entusiasti, ch'esigevano una tacita sommissione alle lor misteriose dottrine, senza esser capaci di produrre un solo argomento, che potesse trarre a se l'attenzione degli uomini dotti e sensati633.
      Può dubitarsi almeno, se alcuno di questi filosofi leggesse le apologie, che i primitivi Cristiani pubblicaron più volte in difesa di se medesimi, e della lor religione; ma v'è molto da dolersi che simil causa non fosse difesa da più abili avvocati. Espongono essi con superfluo spirito ed eloquenza la stravaganza del Politeismo; muovono la nostra compassione con esporre l'innocenza ed i patimenti de' loro ingiuriati fratelli; ma quando voglion dimostrare l'origine divina del Cristianesimo, insistono molto più fortemente sulle predizioni che l'annunciarono, che su' miracoli che accompagnarono la venuta del Messia.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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