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      Un Magistrato Pagano, che non aveva nč tempo nč capacitā per discernere la linea quasi impercettibile, che distingue la fede ortodossa dall'eretica pravitā, poteva facilmente supporre, che l'animositā, che regnava fra loro, avesse tolta ad essi di bocca la confessione de' lor comuni delitti. Fu fortuna pel riposo, o almeno per la riputazione de' primi Cristiani, che i Magistrati alle volte procedessero con maggior freddezza, e moderazione di quella che per ordinario accompagna lo zelo religioso, e ch'essi riferissero, come resultato imparziale delle lor giudiciali ricerche, che i settarj, i quali abbandonato avevano il culto dominante, sembravan sinceri nelle lor professioni, ed irreprensibili ne' lor costumi, per quanto potessero incorrere la censura delle Leggi(23), attesa l'assurda ed eccessiva loro superstizione.
      L'istoria, che intraprende a rammentare i fatti de' passati secoli per istruzione de' futuri, male meriterebbe tal onorevole uffizio, qualora condiscendesse a difender la causa de' tiranni, o a giustificar le massime della persecuzione. Bisogna perō confessare, che la condotta degl'Imperatori, che parvero i meno favorevoli alla primitiva Chiesa, non č in verun modo tanto colpevole, quanto quella di alcuni moderni Sovrani, che hanno impiegato le armi della violenza e del terrore contro le religiose opinioni di una parte de' loro sudditi. Dalle lor riflessioni, o anche da' propri lor sentimenti poteva un Carlo V. o un Luigi XIV. aver acquistato una giusta cognizione de' diritti della coscienza, dell'obbligatione della fede, e dell'innocenza dell'errore.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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