Ma tutta la prudenza ed umanità di Nerone furono insufficienti a liberarlo dal sospetto del popolo. Qualunque delitto imputar potevasi all'assassino della propria moglie e della madre, nè poteva un Principe, che prostituiva la sua persona e dignità sul teatro, esser creduto incapace della più stravagante follia. La voce della fama accusava l'Imperatore come un incendiario della sua Capitale, e siccome le più incredibili narrazioni sono le più confacenti al genio di un popolo infuriato, così raccontavasi gravemente, e senz'alcun dubbio credevasi, che Nerone, godendo all'aspetto della calamità di cui era stato cagione, si dilettasse in cantare sulla sua lira la distruzione dell'antica Troia(30). Per allontanare un sospetto, che il potere del dispotismo non era capace di sopprimere, l'Imperatore pensò di sostituire in suo luogo alcuni finti rei. "Con questo scopo (continua Tacito) sottopose a più atroci tormenti quegli uomini, che sotto la volgar denominazione di Cristiani erano già notati con la meritata infamia. Essi prendevano il nome e l'origine da Cristo, che nel regno di Tiberio avea sofferto la morte per sentenza del Procuratore Ponzio Pilato(31). Questa empia superstizione fu per un tempo repressa; ma ella si sparse di nuovo, e non solamente si diffuse per la Giudea, prima sede di questa malvagia setta, ma fu introdotta anche in Roma, comune asilo, che riceve e protegge tutto ciò ch'è impuro ed atroce. Le confessioni di quelli, che furon presi, scuoprirono una gran moltitudine di complici, e furono tutti convinti, non tanto del delitto di aver posto fuoco alla città, quanto dell'odio, che portavano al genere umano(32). Morivano fra tormenti, e questi erano amareggiati dall'insulto e dalla derisione.
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