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      Il nostro desiderio si rivolse particolarmente a richiamar nella via della ragione e della natura i delusi Cristiani, che avevan rinunziato la religione e le ceremonie instituite da' loro padri, e presontuosamente disprezzando la pratica dell'Antichità, avevano inventato stravaganti leggi ed opinioni secondo i dettami del lor capriccio, e nelle diverse Province del nostro Impero raccolti s'erano in moltiplice società. Gli editti, che abbiamo pubblicato per mantenere in vigore il culto degli Dei, avendo esposto molti Cristiani al pericolo ed alla miseria, molti avendo sofferto la morte, e moltissimi altri, che tuttora persistono nell'empia loro follia, essendo restati privi di ogni pubblico esercizio di religione, siamo disposti ad estendere a quegl'infelici gli effetti della solita nostra clemenza. Permettiamo dunque ad essi di professar liberamente le lor private opinioni, e di potersi unire nelle lor conventicole senza timore o molestia, purchè però sempre conservino il dovuto rispetto alle leggi ed al governo già stabilito. Per mezzo di un altro rescritto indicheremo le nostre intenzioni a' Giudici e Magistrati; e speriamo che la nostra indulgenza impegnerà i Cristiani ad offerire le lor preghiere alla Divinità, ch'essi adorano, per la salvezza e prosperità nostra, per la loro, e per quella della Repubblica(176).
      Regolarmente non si dee cercar nello stile degli editti o de' manifesti il vero carattere o i secreti motivi de' Principi; ma siccome queste son parole di un Imperatore spirante, la sua situazione può forse risguardarsi come una prova della sua sincerità.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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