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      Questo non č uno de' difetti che egli scopre con pena, costretto dalla legge dell'imparzialitā. E Dio volesse, che fosse il solo! Ma facciamo parola del secondo principio della natura.
      L'amor dell'azione. A parlar con rigore l'azione non si ama per se stessa, ma come mezzo che conduce ad un fine. Noi riconosciamo volentieri, che l'operare in pace per far fiorire il buon ordine, e per procurare il ben essere de' nostri simili, come anche l'operare in guerra giusta per proteggere la pace, č conforme all'intenzione del Creatore, purchč si depuri dalla corruzione, che vi sogliono spargere l'ambizione, la cupidigia e l'ira; passioni che sempre campeggiano nella Storia Greca e Romana, ed oscurano quella scarsa porzione di bene, che l'attivitā di quelle genti produsse. Intorno alla qual cosa non temiamo di asserire, che il Cristianesimo non solo non distrugge questo amore d'azione necessario alla sicurezza ed alla prosperitā dello Stato, ma inoltre lo fortifica e lo perfeziona.
      Non lo distrugge, perchč non vieta la giusta difesa di se stesso, avendone lasciato un illustre esempio S. Paolo, il quale non si fece illecito di sostener la sua causa innanzi a' legittimi tribunali, e di appellarsi in ultimo grado a quello di Cesare. Si vieta l'odio, il rancore, lo spirito della vendetta, e lo vieta ancora la legge di natura.
      Non lo distrugge, perchč nella dottrina della Chiesa non si č mai reputata illecita la guerra, come evidentemente lo provano i passi verbali del nuovo Testamento raccolti a bella posta dal Grozio; e come lo conferma il fatto medesimo, che ne addita le armate Romane non mai scarse di soldati e di ufficiali Cristiani.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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