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      Sembra che l'istessa timida politica di divider tutto ciò che è unito, d'abbassare ciò che è eminente, di temere ogni attiva potenza, e di sperar che i più deboli siano per riuscire i più obbedienti, prevalesse nelle instituzioni di molti Principi, e specialmente in quelle di Costantino. Il marziale orgoglio delle legioni, i campi vittoriosi delle quali erano stati sì spesso il teatro della ribellione, era nutrito dalla memoria delle passate loro imprese, e dalla cognizione dell'attuale loro forza. Finchè si mantennero nell'antico lor numero di seimila uomini, ciascheduna di esse da se formava, sotto il regno di Diocleziano, un oggetto visibile ed importante nella storia militare del Romano Impero. Pochi anni dopo, questi corpi giganteschi ridotti furono ad una molto minor grandezza; e quando la città d'Amida era difesa contro i Persiani da sette legioni con alcuni ausiliari, l'intera guarnigione, insieme con gli abitanti d'ambedue i sessi, e quelli dell'abbandonata campagna, non passavano il numero di ventimila persone(330). Da questo, e da simili altri fatti vi è motivo di credere, che la costituzione delle truppe legionarie, alla quale in parte dovevasi il valore e la disciplina loro, fu sciolta da Costantino, e che que' corpi d'infanteria Romana, che seguitavano ad arrogarsi gl'istessi nomi od onori, non contenevano che mille, o mille cinquecento uomini(331). Facilmente si potea domar la cospirazione di tanti separati distaccamenti, ciascheduno de' quali era intimorito dal sentimento della propria debolezza; ed i successori di Costantino potevano secondar l'amore, che avevano per l'ostentazione, con ispedir gli ordini loro a cento trentadue legioni, descritte ne' ruoli de' numerosi loro eserciti.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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