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      Estendendosi le conquiste, i due Questori furono appoco appoco moltiplicati fino al numero di quattro, di otto, di venti, o per breve tempo forse anche di quaranta(346
      ); ed i cittadini pił nobili ambivano molto un uffizio, che dava loro posto in Senato, ed una giusta speranza d'ottener gli onori della Repubblica. Mentre Augusto affettava di conservar libera l'elezione, si contentava di accettare ogni anno il privilegio di raccomandare, o piuttosto in sostanza di nominare un certo numero di candidati; ed aveva per costume di scegliere uno di questi giovani distinti per leggere le sue orazioni o epistole nelle assemblee del Senato(347). La pratica d'Augusto fu imitata da' Principi, che gli succederono; fu stabilita quella accidental commissione come un uffizio permanente, ed il solo Questor favorito, assumendo un nuovo e pił illustre carattere, sopravvisse alla soppressione degli antichi ed inutili di lui colleghi(348). Poichč le orazioni, ch'ei componeva in nome dell'Imperatore(349), acquistaron la forza, ed in ultimo anche la forma di assoluti editti, egli fu considerato come un rappresentante della potestą legislativa, come l'oracolo del Consiglio, e come l'original sorgente della civile giurisprudenza. Egli era qualche volta invitato a prender posto nella suprema giudicatura del concistoro Imperiale, co' Prefetti del Pretorio e col Maestro degli Uffizi, e gli era spesso richiesta la soluzione de' dubbi de' Giudici inferiori; ma siccome non era aggravato da una gran quantitą di affari subordinati alla sua carica, egli impiegava i suoi talenti ed il suo ozio a coltivare quel maestoso stile d'eloquenza, che nella corruzione della lingua e del gusto conserva sempre la dignitą delle leggi Romane(350). Potrebbe in qualche maniera paragonarsi l'ufficio del Questore Imperiale con quello del Cancelliere moderno, ma l'uso del gran sigillo, che sembra essere stato introdotto da' Barbari ignoranti, non fu mai usato per convalidare i pubblici atti dell'Imperatore.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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