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      In tale arnese, che appena potrebbe scusarsi dalla gioventù e dalla follia di Elagabalo, non ci è permesso di ravvisar la saviezza d'un attempato Monarca e la semplicità d'un veterano di Roma(400). Un animo così corrotto dalla prosperità e dalla compiacenza, era incapace d'innalzarsi a quella magnanimità che sdegna i sospetti, e che s'arrischia a perdonare. La morte di Massimiano e di Licinio può giustificarsi per avventura da quelle massime di politica, che s'apprendono nelle scuole de' tiranni; ma un racconto imparziale dell'esecuzioni o piuttosto degli assassinamenti, che macchiarono gli ultimi anni di Costantino, suggeriranno alla più candida nostra mente l'idea d'un Principe, che poteva sagrificar senza ribrezzo le leggi della giustizia ed i sentimenti della natura, a' dettami o delle sue passioni o dell'interesse. Sembrava che la medesima fortuna, che aveva tanto costantemente seguito le bandiere di Costantino, assicurasse le speranze e i conforti della sua vita domestica. Quelli fra' suoi Predecessori, che avevan goduti più prosperi e lunghi regni, come Augusto, Traiano e Diocleziano, erano stati mancanti di posterità; e le frequenti rivoluzioni non avevan mai dato tempo abbastanza ad alcuna famiglia Imperiale di crescere e moltiplicare all'ombra della porpora. Ma la dignità reale della famiglia Flavia, che per la prima volta fu nobilitata dal Gotico Claudio, discese per varie generazioni; e Costantino medesimo ricevè dal proprio padre gli ereditari onori reali, che tramandò a' suoi figli.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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