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      Il pubblico favore, che rare volte accompagna la vecchiezza, spargeva il suo lustro sulla gioventù di Crispo. Egli meritava la stima, e s'attirava l'affezione della Corte, dell'esercito e del popolo. Il merito già sperimentato d'un Monarca regnante si confessa da' sudditi con ripugnanza, e frequentemente si nega con parziali e mal contenti susurri; laddove dalle nascenti virtù del successore si concepiscono le più ardenti ed illimitate speranze di una pubblica e privata felicità(404).
      [A. D. 324]Questa pericolosa popolarità eccitò ben presto l'attenzione di Costantino, che tanto come padre che come Re non sofferiva un uguale. In vece di procurare di assicurarsi la fedeltà del suo figlio co' generosi vincoli della confidenza e della gratitudine, risolse di prevenire i mali, che si potean temere dalla non soddisfatta ambizione. Crispo ebbe tosto motivo di dolersi, che mentre il suo minor fratello Costanzo si mandava col titolo di Cesare a regnare sul suo particolar dipartimento delle Province Galliche(405), egli, Principe d'età matura, che avea prestati sì recenti e segnalati servigi, in luogo d'esser elevato alla dignità superiore d'Augusto, era confinato come prigioniero alla Corte del padre, ed esposto senza forza o difesa ad ogni calunnia, cui suggerir potea la malizia de' suoi nemici. In tali difficili circostanze, il Giovane reale non fu sempre capace di contenere la sua condotta o di sopprimere la sua scontentezza; e possiamo assicurarci ch'egli era circondato da una quantità di perfidi o indiscreti compagni, che di continuo procuravan di accendere, ed eran forse indotti a tradire la veemenza non riservata del suo risentimento.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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