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      L'Imperatore fu anche più magnifico nel dimostrare la sua gratitudine verso il fedel popolo del Chersoneso. Fu soddisfatta la vanità della nazione per mezzo di splendide e quasi reali decorazioni, accordate al lor magistrato ed a' suoi successori. Si stipulò un'esenzione perpetua da ogni tributo per li vascelli, che commerciavano ne' porti del mar Nero. Fu promesso un sussidio regolare di ferro, di grano, d'olio e di qualunque altro genere, che potesse loro essere utile in pace od in guerra. Ma fu creduto, che per li Sarmati fosse un premio bastante la liberazione dalla loro imminente ruina; e l'Imperatore, con un'economia forse troppo diretta, dedusse una parte delle spese della guerra dalle gratificazioni ordinarie, che solevan darsi a quella turbolenta nazione.
      [A. D. 334]I Sarmati, esacerbati da tale apparente disprezzo, colla solita leggerezza de' Barbari presto si dimenticarono de' benefizi, che avevano sì poco tempo avanti ricevuti e de' pericoli, che tuttavia minacciavano la loro sicurezza. Le scorrerie, ch'essi fecero sulle terre dell'Impero, provocarono lo sdegno di Costantino ad abbandonarli al loro fato; nè più volle opporsi all'ambizione di Geberico, famoso guerriero, che di fresco era salito sul Trono de' Goti. Wisumar, Re Vandalo, mentre solo e senz'assistenza, con indomito coraggio difendeva i suoi Stati, fu vinto ed ucciso in una decisiva battaglia, che abbattè il fiore della gioventù Sarmata. Il resto della nazione prese il disperato espediente di armare i propri schiavi, ch'erano una razza di cacciatori e pastori induriti nella fatica, col tumultuario soccorso de' quali vendicarono la loro disfatta, e scacciarono l'invasore da' loro confini.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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