L'autorità di questa visione o piuttosto l'autorità del Principe che la riferiva, servì ad acchetare ogni dubbio, e ad escludere ogni negoziazione. Furono rigettati con isdegno i termini ignominiosi di pace. Uno degli Ambasciatori del Tiranno fu rimandato colla superba risposta di Costanzo; i suoi colleghi, come indegni de' privilegi del gius delle genti, furon posti in catene; ed i contendenti si prepararono a fare un'implacabile guerra(469).
[A. D. 350]Tale fu la condotta, e tal era forse il dovere del fratello di Costante verso il perfido usurpator della Gallia. La situazione ed il carattere di Vetranione ammettevano provvisioni più dolci; e la politica dell'Imperatore Orientale tendeva a disunire i suoi antagonisti, ed a separar le forze dell'Illirico dal partito della ribellione. Fu facile ingannar la schiettezza e la semplicità di Vetranione, che talvolta ondeggiando fra le opposte mire dell'onore e dell'interesse, dimostrò al mondo l'instabilità della sua indole e restò insensibilmente impegnato ne' lacci d'un'artificiosa negoziazione. Costanzo lo riconobbe per legittimo ed ugual collega nell'Impero, a condizione però ch'egli rinunziasse l'odiosa alleanza con Magnenzio, e si assegnasse un luogo di congresso sulle frontiere delle rispettive loro province, dove potessero vincolar la loro amicizia colle mutue promesse di fedeltà, e regolar di comune consenso le future operazioni della guerra civile. In conseguenza di tale accordo, Vetranione s'avanzò fino alla città di Sardica(470), alla testa di ventimila cavalli, e d'un più numeroso corpo d'infanteria; forze tanto superiori a quelle di Costanzo, che sembra che l'Imperatore dell'Illirico dominasse sopra la vita ed i beni del suo rivale, il quale dipendendo dal successo delle sue private negoziazioni, aveva sedotte le truppe, e minato il trono di Vetranione.
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