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      Da questa temeraria dichiarazione di guerra l'impaziente indole di Gallo fu provocata ad abbracciare i più disperati consigli. Ordinò egli che le sue guardie stessero sulle armi, adunò la plebaglia d'Antiochia, ed al loro zelo raccomandò la cura della sua salute e vendetta. I suoi comandi furono troppo fatalmente obbediti. Presero insolentemente il Prefetto ed il Questore, e legate loro insieme con funi le gambe, gli strascinarono per le contrade della città, fecero mille insulti e mille ferite a quelle infelici vittime, e finalmente gettarono dentro l'Oronte i loro corpi straziati e privi di vita(515).
      Dopo tal fatto, qualunque fosse stato il disegno di Gallo, solo in un campo di battaglia egli potea sostenere la sua innocenza con qualche speranza di buon successo. Ma l'animo di quel Principe era formato d'un'ugual mistura di violenza e di debolezza. Invece d'assumere il titolo d'Augusto, e d'impiegare in sua difesa le truppe ed i tesori dell'Oriente, si lasciò ingannare dall'affettata tranquillità di Costanzo, che lasciandogli la vana pompa d'una Corte, appoco appoco richiamò le veterane legioni dalle Province dell'Asia. Ma siccome tuttavia sembrava pericoloso arrestar Gallo nella sua Capitale, si praticarono con felice successo le lente e più sicure arti della dissimulazione. Le frequenti e pressanti lettere di Costanzo eran piene di protestazioni di confidenza e d'amicizia, esortando egli Cesare a soddisfare a' doveri del suo alto posto, a sollevare il suo collega da una parte delle pubbliche cure, e ad assistere l'Occidente colla sua presenza, coi consigli e colle armi.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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