Oltre il regnante Imperatore, di tutta la numerosa posterità di Costanzo Cloro, non sopravviveva che il solo Giuliano. L'infelicità della sua nascita reale lo involse nella disgrazia di Gallo. Dal suo ritiro nel felice paese della Jonia, fu trasportato sotto forte guardia alla Corte di Milano, dove languì più di sette mesi in continuo timore di soffrir l'istessa ignominiosa morte, che quasi avanti a' suoi occhi quotidianamente davasi agli amici e aderenti della sua perseguitata famiglia. Se ne scrutinavano con maligna curiosità i gesti, gli sguardi, il silenzio, ed era perpetuamente attaccato da nemici, che non avea mai offesi, e con artifizi, ai quali non era mai stato assuefatto(520). Ma nella scuola dell'avversità, Giuliano acquistò insensibilmente le virtù della fermezza e della discrezione. Egli difese il proprio onore non men che la vita dalle insidiose sottigliezze degli Eunuchi, che tentavano d'estorcere qualche dichiarazione de' suoi sentimenti; e mentre cautamente chiudeva in se il dispiacere e la collera, nobilmente sdegnava di adulare il Tiranno con alcuna apparente approvazione della morte di suo fratello. Giuliano ascrive molto devotamente la sua miracolosa liberazione alla protezione degli Dei, che liberarono la sua innocenza dalla sentenza di distruzione, cui la lor giustizia avea pronunziata contro l'empia casa di Costantino(521). Con gratitudine risguarda come il più efficace strumento della lor Providenza la costante e generosa amicizia dell'Imperatrice Eusebia(522), donna di gran bellezza e di merito, la quale per l'ascendente, che aveva preso sull'animo del marito, contrabbilanciava in qualche modo la potente cospirazione degli Eunuchi.
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