Ammirò la tremenda maestà del Campidoglio, la vasta estensione de' bagni di Caracalla e di Diocleziano, la severa semplicità del Panteon, la soda grandezza dell'anfiteatro di Tito, l'elegante architettura del teatro di Pompeo, e del Tempio della Pace, e soprattutto la maestosa struttura del Foro, e la colonna di Traiano, confessando, che la voce della fama, così facile ad inventare ed ampliare, avea dato un ragguaglio non adeguato della Metropoli del mondo. Il viaggiatore che ha contemplato le ruine dell'antica Roma, può concepir qualche idea imperfetta de' sentimenti che doveano inspirare, quando innalzavano le fronti nello splendore d'una incorrotta bellezza.
La soddisfazione, che Costanzo provò nel suo viaggio, eccitò in esso la generosa emulazione di lasciare a' Romani qualche memoria della sua gratitudine e munificenza. La sua prima idea fu d'imitare l'equestre statua colossale, che avea veduto nel Foro di Traiano; ma quando seriamente ponderò le difficoltà d'eseguirla(536), si determinò piuttosto ad abbellire la capitale col dono d'un obelisco Egiziano. In tempi assai remoti ma culti, che sembra abbiano preceduto l'invenzione della scrittura alfabetica, s'erano eretti questi obelischi in gran numero nella città di Tebe e d'Eliopoli dagli antichi Sovrani dell'Egitto, colla giusta speranza che la semplicità della lor figura e la durezza della materia avrebbero resistito alle ingiurie del tempo e della violenza(537). S'erano fatte trasportare a Roma da Augusto e da' suoi successori molte di queste colonne straordinarie, come monumenti i più durevoli della loro potenza e vittoria(538); ma vi rimaneva tuttavia un obelisco, che per la sua grandezza o santità restò lungo tempo immune dalla rapace vanità dei conquistatori.
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