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      Poscia che Sapore ebbe sperimentato senz'effetto il poter della forza e degli stratagemmi, ricorse alle più lente ma più sicure operazioni di un regolare assedio, nella condotta del quale fu istruito dalla perizia de' disertori Romani. Ad una giusta distanza s'aprirono le trinciere, e le truppe destinate a tal uso, avanzarono sotto il tetto portatile di forti graticci per riempire il fosso, e minare i fondamenti delle mura. Nel tempo stesso costruite furono torri di legno, e spinte innanzi sopra le ruote, affinchè o i soldati, che erano provvisti di armi da scagliare d'ogni specie, potessero combattere quasi a livello colle truppe che difendevano le mura. S'impiegò in difesa d'Amida ogni sorta di resistenza che l'arte potea suggerire, o il coraggio porre in esecuzione, e più d'una volta le macchine di Sapore furon distrutte dal fuoco de' Romani. Ma si possono esaurire le forze d'una città assediata. I Persiani riparavan le loro perdite, ed avanzavano le opere; l'ariete, che continuamente batteva, avea fatta una larga breccia, e la forza della guarnigione, diminuita dal ferro e dalle malattie, cedè al furor dell'assalto. I soldati, i cittadini, le loro mogli e figliuoli, tutti quelli, che non ebber tempo di fuggire per la porta opposta, furono da' conquistatori involti in un indistinto macello.
      [A. D. 360]Ma la rovina d'Amida fu la salute delle Province Romane. Tosto che furono quietati i primi trasporti della vittoria, Sapore fu in grado di riflettere, che per castigare una disubbidiente città, egli aveva perduto il fiore delle sue truppe e la stagione più favorevole per la conquista(554). Eran caduti trentamila de' suoi veterani sotto le mura d'Amida, nella continuazione d'un assedio, che durò settantatre giorni, ed il deluso Monarca tornò alla sua Capitale con affettato trionfo e con segreta mortificazione.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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