- Dice casta - osservò la Mariuccia che teneva dietro cogli occhi alla lettura.
- O casa o casta, è la stessa; proponendo la legge che fu detta legge agraria...
- No, smetti, questa non è divertente, - osservò Topolino, - non si capisce nulla. Tutte parolaccie...
- Ma che parolaccie: se non le capisci è colpa tua.
- Questo poi no - gridò la Mariuccia. - Topolino ha ragione: se è un libro che lo dobbiamo leggere noi, bisognerebbe che ci mettessero delle parole che le intendiamo, o se no bisognerebbe ce le spiegassero. La Nina e Topolino incoraggiati da quell'uscita che la Mariuccia aveva fatta, mettendosi tanto di mani sui fianchi, gridarono in coro:
- Questa no! questa no! Una novella!
- Quella del gatto stivalato!
- Quella dei quattro maghi e del pastore!
- Ma che novella, s'alzò a dire Michele - voi altri non sognate altro che novelle. C'era una volta un re...
- Che aveva tre figliuole - continuò Carlo.
- La più piccina si chiamava Rosetta, aggiunse la Mariuccia. Poi tutte e tre insieme strascicando le parole:
- E era bella come un occhio di sole...
La Nina e Topolino capirono la canzonatura: e senza fiatare e combinandosi in uno stesso pensiero s'alzarono, presero i loro libri e fecero per andarsene.
- Ecco subito i permalosi! guardateli lì, se non si fa a modo loro, subito se ne vanno. Dove andate, si può sapere?
E Topolino con un dito fra' denti e guardando cogli occhi fissi Michele che l'interrogava:
- Via, - rispose.
- Via, - confermò la Nina.
- A far che?
- A leggere da noi.
- Da noi.
- Vadano, - disse la Mariuccia, facendo una reverenza.
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