L'aveva fermata l'impedimento inaspettato, la curiosità l'aveva trattenuta, e si è già visto che qualche briciolo di vanità era pure entrato in ballo. Ma, via via che l'Assuntina, credendosi sola, rivelava apertamente quello che sentiva, e faceva castelli in aria, e sognava, ravvisando la impossibilità di aver per sé quella bambola maravigliosa, e dicendo nondimeno quello che ne avrebbe fatto se fosse stata sua, nell'animo buono e gentile della Virginia, la curiosità si trasformava in una simpatia affettuosa, e la vanità in una specie di gratitudine per chi riconosceva e valutava così bene i pregi della cosa che le apparteneva, e poi in una disposizione, da prima indefinita, e a grado a grado sempre più distinta e determinata, ad appagare quell'appassionato desiderio che si manifestava con tanta ingenuità.
- Povera Assuntina! - pensava, - la non ha forse punti balocchi, ed io ne ho tanti! Che mi sarebbe il regalarle quella bambola! Io mi divertirò in qualche altra maniera. Ora son grandetta: impiegherò a leggere e a studiare il tempo che avrei passato con la bambola. E poi, non voglio pensare a me. Ormai, ho risoluto. Se la mamma me lo permette voglio regalare all'Assunta la mia bambola. Povera bambina! come la ne è desiderosa! scommetto che ne terrà più conto di me. Alla fine il privarmene non mi costerà un gran sacrifizio: mentre, per lei, l'averla sarà una consolazione grandissima. E rendendola tanto contenta, sarò contenta anch'io quanto lei. E la sua contentezza mi farà più piacere assai della bambola.
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Assuntina Virginia Assuntina Assunta
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