Il capo di questo cercò di chiacchierare col vecchio capitano ma questi ignorava o fingeva d'ignorare la lingua malese e niuno comprendeva l'idioma chinese. Ma la strana foggia di quella giunca, la tranquilla ed operosa vecchiaia de' marinai d'essa indussero il governatore ad avvertire il Re dell'approdo d'una nave.
Questi con i compagni suoi consueti, speranzoso d'avere informazioni intorno alle contrade al di là del mare, accorse immantinente e fece chiamare presso di sé il vecchio capitano onde sapere la loro provenienza.
Il mandarino seguito da uno stuolo di suoi seguaci non se lo fece dir due volte ed appoggiato ad un bastone, a curve spalle, coperto di cenci, recossi al cospetto del Re.
Ivi, aiutandosi coi gesti, coi cenni, usando vocaboli di varie lingue per farsi comprendere, disse al Re che la giunca aveva lasciato un porto della China.
Immaginate la gioia del giovane conquistatore cui offerivasi modo di aver notizie preziose della contrada la cui conquista aveva sovente sognato.
- È molto distante? - domandava.
- Molto, molto, - rispondeva l'astuto mandarino.
- Quante giornate?
- Non giornate, o Principe, ma anni e mesi. Questa mia rada barba che ora vedi bianca era nera quando partii dalla mia contrada. I miei compagni che tu vedi sdentati ed affranti dall'età erano giovani e robusti, allorché imbarcaronsi meco sulla mia giunca ch'era nuova, nuova.
Nuove eran le vele, nuovo ogni attrezzo uscito dalle mani del fabbro o del legnaiuolo. Financo questo mio bastone sul quale mi appoggio affaticato era tenero stelo d'una pianta che meco avevo preso come ricordo del nativo villaggio.
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China Principe
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