..
Quando i ragazzi m'ebbero strapazzato ben bene, leticando tra loro, perché tutti mi volevano in mano, tutti volevano imboccarmi; mi chiusero in una gabbia e mi lasciarono in pace, - per modo di dire.
Giacché portavano di qua e di là la gabbia, la lasciavano e la riprendevano mille volte al quarto d'ora.
* * *
Mi sentivo come trasportato in un altro mondo. Non era più quell'aria balsamica e fresca di prima, che respiravo, non erano più i rumoretti soliti, quelli che udivo. Ero capitato in una casa di contadini, nell'ora in cui andavano a cena. Le donne ciarlavano, gli uomini brontolavano perché non pioveva da un pezzo e i bambini piccini erano fastidiosi e cattivi lottando tra il sonno e la fame. Pensavo al mio nidino, ove ero stato tanto meglio che in quella gabbia... e piangevo piangevo. Ma allorché non udii più rumori per la casa mi addormentai. Il giorno dopo fui venduto per dieci centesimi ad un signorino che si chiamava Goretto.
Anche lui mi prese in mano. Ma che differenza! Mi prese con cautela, leggermente, senza darmi mai delle strizzate. E che manina morbida era la sua!... Pareva un velluto.
Poverino - mi diceva - t'hanno levato dal nido... alla tua mamma... Se lo sapessi dov'è, ti ci riporterei, sai...
Goretto mi faceva tante carezze e mi teneva così bene, che se non fosse stato per lei, povera mammina, mi sarei rassegnato presto a quella vita di reclusione. Mangiavo da me ed ogni giorno che passava, mi vedevo spuntare nuove penne.
- Ora bisogna tagliargli le ali, signorino.
| |
Goretto
|