.. disse una mattina, la cameriera di casa.
- No davvero... guarda un po'... sarebbe una crudeltà poverino... - rispose egli, baciandomi la testa. - E non voglio veh! - aggiunse vedendo che la cameriera teneva in mano le forbici.
- O se le scappa? Per me si figuri... - fece essa posandole con dispetto.
- Non scapperai mica? - mi chiese allora il bambino, accarezzandomi e baciandomi di nuovo. Ti do lo zucchero io... il savoiardo... il granino buono... le moschine... la canapina...
Se gli avessi potuto rispondere nella sua lingua gli avrei detto: ma la mamma non me la rendi né i compagni... non mi dai il cielo... il fresco degli alberi... e quelle tante cosette delle quali ha bisogno la mia natura di essere alato, alle quali sognai essendo nel nido e delle quali mi privi tenendomi teco.
Un giorno Goretto mi faceva andare dall'indice della sua mano destra a quello della sinistra, e intanto si guardava in uno specchio.
Prima con un occhio, eppoi con quell'altro io pure mi ci guardai. Come ero bello! Una coda lunga... certe belle penne alle ali... tutto il capo e tutto il corpo coperto di piuma...
Se la mamma mi vedesse ora... - dissi tra me, ripensando a quanto era mai brutto il povero fratello e riflettendo che da piccino non dovevo essere meno brutto io, perché secco e spelacchiato quanto lui.
Questa idea della mamma entusiasta della mia bellezza mi fece venire una tal voglia di scappare che spiccai il volo senza volere.
Goretto rimase a bocca aperta, coi sopraccigli alzati, seguendomi cogli occhi ma senza muovere palpebra.
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Goretto
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