Che stizza mi facesse con quelle moine non posso dirlo. E fargliele proprio sotto i miei occhi!
Allora più che mai apprezzavo l'affetto di Goretto, le cure che mi aveva prodigate... Quello si chiama voler bene!... dicevo tra me e me. Lui dei gatti in casa non ne avrebbe voluti... lui non mi avrebbe lasciato tante ore qui rinchiuso... solo... E che pena gli faceva, di sacrificarmi, povero bambino... tanto che un giorno o l'altro mi avrebbe lasciato in libertà, lui! Non l'aveva mica come questa brutta, la passione di tenere in gabbia delle creature per il gusto di farle soffrire...
La secca donna pareva che godesse, facendo degli oppressi o degli schiavi. Lei un canino, lei un coniglio, un porco spino, uno scoiattolo, un piccione.
- Bada, bada - gridava col naso - che non passi il cane di qua... chiudi l'uscio che non entri il gatto... stai attenta che lo spinoso non vada dalla tortora... lesta, chiudi, che ho messo fuori il canarino..., ho il coniglio sui ginocchi. E così di seguito tutto il santo giorno; poiché avendo essa riunito in poco spazio un'infinità di animali che non possono vivere insieme, era obbligata a stornare il pericolo sovrastante or sull'uno or sull'altro di quegli esseri a lei tanto cari, ma da lei medesima tanto sacrificati.
Una volta, quando già ero guarito, ed avevo rimesso le ali, le saltò il ticchio di mettermi in una gran voliera coi signori canarini. Io li salutai subito con gran rispetto e umiliato della loro bella voce e del lusso delle loro vesti, mi misi in un canto mogio mogio.
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Goretto
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