Spicchiamo il volo ambedue, stando uno vicino all'altro. Sebbene contento d'essere amato dal mio caro amico, l'idea concepita non mi abbandona; torno più volte nella corte - per me di felice memoria - più volte fuggo e ritorno; finché trovo finalmente la stanza libera, prendo possesso d'uno dei banchi e confidando molto nella cortesia di chi dirige il giornalino, scrivo questa storia per divertire il mio Goretto, mentre gli faccio sapere che gli voglio tanto bene e che non cesserò mai di esaltare il suo nome nel mondo dei passerotti.
Emilio DE MARCHI
Bortolino.
Nr. 10 (8 settembre 1881), p. 158-160.
Vincenzo della Cascina Rampina, preso con sé Bortolino, il più grande dei suoi figliuoli, messi due piccioni e quattro noci in un canestro, venne a Milano coll'asinello a trovare il suo figlioccio, o per dir meglio il suo padroncino Mario, che compiva giusto in quel giorno i dodici anni.
Bortolino vestiva per l'occasione una giacca nuova di frustagno, color foglia secca e portava un paio di scarpe con certi chiodi sotto, che parevano scudi. Aveva la testa rasa rasa, per cui le orecchie parevano scappar fuori; la pelle del viso e delle mani color delle patate, e in mezzo alla gente "pulita" il poveraccio lo vedevi rimanere a bocca aperta incantato come un allocco colle mani nel cocuzzolo del cappello di paglia e gli occhietti grigi che guardavano per l'aria.
- Mario, - disse la mamma, - ringrazia Bortolino, tuo fratello di latte, dei piccioni e delle noci.
Anche Mario, che pur era un ragazzino svelto, restò confuso, diventò rosso, balbettò qualche parola senza senso, forse perché gli succedeva, fra la gente vestita di frustagno, ciò che a Bortolino fra i signori.
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