L'estuario dell'immensa riviera poteva avere trecento chilometri di larghezza a quanto mi disse un pezzo di metro scivolato di tasca ad un ingegnere e che s'era accostato a me. Poverino! mi tenne buona compagnia per molti giorni. Era stato fatto a Milano, fuor di porta Ticinese e parlava un dialetto lombardo misto di spagnuolo e di portoghese. Povero metro! Chi sa che cos'č accaduto di lui!
Tutto faceva presagire un tranquillo viaggio nel seno dell'Oceano; la corrente del fiume era fortissima, per causa delle tempeste maravigliose delle Ande.
Ad un tratto, un sordo rumore agita l'aria e si ripercuote sulle rive e sul fondo del fiume. Sulla sponda destra lungo la quale scorrevo, una inusitata vita in quelle ore calde si ridesta. Č una corsa sfrenata che s'impadronisce d'ogni creatura vivente o che la spinge dentro terra.
Un grido di spavento esce dalla bocca d'un uomo - prorovoca. Lo echeggiano i muggiti di mandre anch'esse fuggenti, il batter d'ale spaventato degli uccelli che abbandonano le alte cime degli alberi; l'urlo roco delle fiere che abbandonano i loro diurni ricoveri.
La fronte dell'estuario s'alza in onda gigantesca e si muove contro il corso del fiume come una muraglia d'alabastro. Curvansi alberi, al vento che la precede; aumenta il rombare cupo dell'onda commossa, essa c'incalza furente, ci sorprende, s'allarga fuor delle rive, tutto spezza e distrugge...
Io non so dirti quanto durasse quella orribil commozione del fiume. Quando tornai a galla tutto era tranquillo; l'Amazzoni pių rigonfio e pių flavo scorreva al bacio del mare trascinando seco coll'onde proprie anche quelle della Prorovoca.
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