Il re, senza manifestare la minima commozione, rispose:
- Dammi pure l'anello e deciderò io quello che convenga farne. In quanto alle altre gemme tienle per te come premio de' tuoi servigi. Né basta; io ti nomino duca e mio primo ministro.
E poiché Narciso tentava schermirsi, il re, non avvezzo a esser contraddetto, disse in tuono imperioso: - Lo voglio.
II.
Tutti sapevano la sorte ch'era toccata alla regina Bella; ma nessuno osava parlarne perché era pubblicato un decreto con cui si proibiva, sotto pena di aver mozza la lingua, di nominare la defunta principessa. La reggia di Valfelice non pareva più quella d'un tempo. Nelle udienze, nelle feste, nei ricevimenti solenni, ognuno rammentava l'affascinante sovrana con que' suoi grandi occhi azzurri, con que' suoi lunghi capelli d'oro, con quella sua voce incantevole. E nessuno, in cuor suo, perdonava al re d'averla immolata barbaramente a un impeto d'ira, e nessuno perdonava a Narciso d'essersi reso ministro della crudele sentenza.
Colmo di ricchezze e d'onori, Narciso era l'uomo più aborrito di tutto lo Stato e potete immaginarvi s'egli ne soffrisse sapendosi innocente e dovendo pur riconoscere che gli altri non avevano torto a ritenerlo colpevole. Onde alla lunga gli fu impossibile rimanere alla Corte, e il re, sebben riluttante, finì coll'accordargli la sua licenza. Il vecchio si ridusse a vivere in una magnifica villa lontana dalla capitale, coltivando i suoi fiori e spiando il momento in cui gli fosse concesso di giovare alla regina Bella.
| |
Narciso Bella Valfelice Narciso Narciso Stato Corte Bella
|