C'erano una volta una mamma e un bambino che si volevano un bene dell'anima. La mamma morì...
- O perché - interruppe Sirio con gli occhi molli di lagrime - perché morì?
Ma la regina gli fece segno di tacere, e continuò:
La mamma morì e il bambino non poté consolarsene, e la cercava in ogni angolo della casa, e la cercava nel giardino ov'essa era avvezza a correr con lui, e la chiamava sempre ch'era uno strazio a sentirlo: - Mamma! Mamma! Mamma!
E una notte, mentr'egli si agitava nel suo letto senza poter prender sonno, ecco la sua cameretta empirsi d'una luce fantastica, come chiarore di luna, e in quella luce comparirgli davanti la mamma. Era bianca e diafana come l'alabastro, una lunga e candida veste le avvolgeva la persona, i suoi piedi non toccavano terra.
A questo punto la regina Bella fece una breve pausa e si volse verso Narciso che le diede una cetra d'oro.
Nell'anticamera, il re Troilo, immobile dietro la portiera, sentiva dentro di sé uno strano tumulto d'affetti. Più volte egli avrebbe voluto entrare nella stanza del figlio, strappare il velo all'incognita, o per lo meno ordinarle di troncar la narrazione imprudente che pareva fatta apposta per esacerbare i dolori del principe; ma una forza sovrumana gli annodava la lingua, lo inchiodava al suo posto. Quella voce, oh quella voce!
I cortigiani intanto, trattenendo il respiro, s'erano avvicinati in punta di piedi e si guardavano trasognati. Quella voce, oh quella voce!
La regina Bella trasse dalla cetra alcuni patetici accordi; poi ripigliò:
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Sirio Bella Narciso Troilo Bella
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