- O figlio mio - disse la madre - credi che i tuoi lamenti non giungano sino a me, laggiù nella fossa profonda; credi che se potessi venir di nuovo al tuo fianco non ci verrei?... Ma i morti, bambino, non tornano...
- Oh mamma, mamma - rispose il fanciullo - se tu non puoi tornare, chi dunque mi parla in questo momento, chi riveste le tue sembianze?
- Bambino mio - soggiunse la madre - io ho spezzato per un'ora la pietra del mio sepolcro, ma prima che il gallo canti, prima che le stelle impallidiscano, prima che i vivi sorgano dalla loro coltrice, quella pietra deve richiudersi sul mio capo.
- No, mamma, no, non lasciarmi - gridò sbigottito il figliuolo; - io non posso vivere diviso da te.
La voce della madre si fece cupa e profonda. - I morti - essa disse in tuono di mistero - non possono tornare ad abitare coi vivi, ma i vivi, oh quelli sì possono andar a stare coi morti... Vuoi seguirmi, o bambino?
Ed essa tendeva verso di lui le braccia sottili.
Quelle braccia l'attiravano, oh come! ma lo prese un arcano, invincibile sgomento.
- Seguirti dove? Laggiù? Oh mamma, mamma, ho paura. Io amo la fragranza dei fiori, amo il cinguettio delle rondini nei cieli azzurri, come la calda luce del sole, e laggiù tutto è tenebre e silenzio.
- Hai ragione - disse la mamma tentennando tristamente il capo. - Allora addio, mio bambino... sento i brividi precorritori dell'alba... Addio per sempre.
Ma il bambino ruppe in disperati singhiozzi. - Mamma, mamma... un bacio... almeno un bacio...
- Non lo sai, anima mia, - esclamò la madre - che le mie labbra sono di gelo?
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