Le onde si accavallavano e trascorrevano tumultuando; e Gohur con gli occhi fissi su loro meditava come più sicuramente potesse uccidere l'imperatore.
Un capo delle tribù montane era sceso precipitoso co' suoi nella pianura; aveva in pochi giorni sconfitte le schiere del re, l'avea fatto prigione, erasi impadronito della capitale. Ed ora, fattosi proclamare imperatore, sedevasi sul trono dell'India e signoreggiava. Gohur aveva veduto il suo re combattere nella prima fila animoso, l'aveva veduto cadere coperto di ferite, e, stretto in catene, l'avea poi visto pallido e smarrito seguire nel suo trionfo il giovane usurpatore. Né mai era venuta meno in lui una fede alta e sicura; le ore del malvagio eran contate, ed egli l'avrebbe visto ruinare tanto più precipitosamente quanto più velocemente erasi innalzato.
In questo pensiero a mano a mano il buon soldato si era acceso per modo che avea finito col credersi predestinato ad una grande impresa. Si armerebbe d'un pugnale; si mescolerebbe travestito alla folla de' curiosi; e, quando l'imperatore muovesse per andare al tempio, lo assalirebbe e ucciderebbe chiamando il popolo a rivolta e a libertà. Che direbbe il suo vecchio re quando egli sarebbe accorso a lui e gli avrebbe restituita insieme la luce del giorno e la corona?
Le onde del fiume seguitavano a passare, sempre torbide e sempre sonanti. Ma Gohur aveva già pensato abbastanza. Si alzò e si mise in via verso la città.
Il giorno dopo, la via principale era tutta adorna di fiori e gremita di gente.
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