- O che fai le cabale per giuocare al lotto? - le domandò Tonio sempre più maravigliato, non potendo capir nulla in quei numeri perché non sapeva leggere.
- Zitto babbo! - disse la ragazza, - non m'interrompete, se no sbaglio nel far questi conti. Vi dirò più tardi quel che ho in animo di fare.
Tonio non fiatò più. Per lui un desiderio della sua figlia adottiva era un comando.
* * *
La Nennella aveva voluto conservare, come cara memoria del tempo in cui viveva la sua povera mamma, il cembalo che le aveva servito per guadagnare il pane per lei e per sé. Quello strumento che, nel paese d'origine della Nennella, rallegra tanto le feste campestri, era rimasto ozioso quasi per un anno. Ma le ragazze e i giovanotti del paese, ove la buona figliuola era stata accolta, erano riusciti un giorno a far rimettere in opera il cembalo. D'allora in poi all'orchestra dei balli campestri, che consisteva tutta in un organino suonato da uno storpio, si era aggiunto il cembalo di Nennella. In quelle occasioni, quei buoni contadini, grati ai due sonatori, solevano sempre dar loro qualche cosa da portare a casa; cioè frutte, patate, civaie ecc. secondoché portava la stagione. Così il cembalo che era stato utile alla povera mamma di Nennella, continuava ad esserlo per colui che ne faceva le veci.
(Continua)
La domenica successiva a quella, in cui abbiamo veduto la Nennella occupata a fare i conti sul muro, era la festa di Pasqua. Dopo le funzioni religiose, tutta la gioventù dei dintorni si riunì ad una fattoria poco distante dal paese e ci fu ballo e grande allegria.
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