Il giorno dopo Tonio, tornava dal mercato mandando avanti tutto stizzito, con un ramicello di salice una brutta bestia che non voleva saperne di camminare e si fermava ogni momento mandando grugniti. Era una scrofa.
Di lì a poco il malumore di Tonio aumentò, quando sentì nella stalla un concerto di grugniti acuti che mandavano dieci porcellini appena nati. Pure la Nennella, benché non avesse davvero nessuna affezione per quei brutti e sporchi animali, badò sempre che non mancasse loro mai da mangiare; desiderando anzi che venissero ben grassi. E la professione di suonatrice di cembalo, a tempo avanzato, le giovò anche allora per procurarsi la crusca per far la broda ai porcellini finché furon piccoli e le ghiande per nutrirli allorché furono cresciuti.
Una mattina, Tonio si destò maravigliandosi molto di non sentire la solita musica di grugniti che lo annoiava tanto. Si vestì, entrò in cucina, si affacciò alla scaletta e chiamò Nennella. Figuratevi se crebbe la sua maraviglia quando, a guisa di risposta, udì un muggito prolungato, vicinissimo. Corse all'uscio della stalletta, l'aperse e rimase fermo sulla porta, sorpreso, sbalordito.
Una mucca, però non tanto grassa, ma una vera mucca insomma, era legata alla mangiatoia.
Tonio credeva di dormire ancora e di sognare. Il suo lungo desiderio era soddisfatto. Capì allora perché Nennella aveva fatto tutti quei conti sul muro, e perché aveva voluto le uova di Pasqua, e si vide ricompensato ad usura del bene che le aveva fatto.
- Nennella!
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